Identità Golose 2019: in cucina per costruire nuove memorie
Si è conclusa pochi giorni fa l’edizione 2019 di Identità Golose, il congresso-evento più importante in ambito gastronomico, dove si incontrano e si raccontano gli chef più grandi del mondo e si conoscono i nuovi promettenti. Quella di quest’anno, è stata la mia seconda esperienza. Di quella dello scorso anno vi ho parlato qui, e questa volta, in ambiente ormai familiare, devo dire che ero più carica e determinata a non perdermi l’intervento dello chef Massimo Bottura che l’anno scorso, dato il pienone dell’aula, non ho potuto seguire.
Così ho guadagnato il mio posticino in platea e mi sono goduta le masterclass dei grandi chef italiani e internazionali.
Apre la mattinata il patron del congresso, grazie al quale anche io posso essere qui oggi, Paolo Marchi. Lui, autentico e schietto, introduce il tema di quest’anno: “costruire nuove memorie”. E dopo un aneddoto sull’importanza dell’avere delle proprie idee e di non farsi trascinare inermi dalla vita, deduce in modo logico che anche la tradizione nasce da nuove idee. Se ci pensiamo un attimo, guardando ai piatti della tradizione, anche il semplice piatto di pasta al pomodoro per cui siamo famosi nel mondo, non sarebbe nato se Cristoforo Colombo, anni prima, non avesse avuto la brillante idea di fare un viaggio e tornare a casa con diverse specie ortofrutticole, tra cui appunto il pomodoro. E così tutti gli altri piatti, non sono da sempre stati quelli che conosciamo oggi e soprattutto non sono nati già così prima che esistessimo. In realtà, sono i cuochi, chef professionisti o nonne con grembiule a fiori, che, parafrasando Paolo Marchi, “non solo cucinano ma vanno ben oltre le loro ricette e le loro idee. Loro costruiscono nuove memorie“. E queste nuove memorie formeranno un domani la tradizione.
Dopo questa introduzione, il primo a salire sul palco è chef Carlo Cracco. Insieme alla sua numerosa ciurma di giovani, prepara tre piatti presentati in occasioni passate, appunto la memoria, e rivisti dopo tempo, le nuove memorie. Purtroppo non avrei potuto assaggiarne nessuno, 2 perché erano a base di carne, e il terzo , lo sgroppino, perché alcolico seppur molto intrigante. Ma dalle mani e dalle idee di grandi chef c’è sempre da imparare, quindi seguo comunque incantata.
A seguire, è il turno di José Avillez, chef portoghese che conta numerose nuove aperture di ristoranti in tutto il mondo ogni anno. Anche lui, riprende il concetto chiave di Paolo Marchi :”tradition is evolution“, la tradizione è evoluzione! La cosa più importante per un cuoco, continua, sono le memorie del palato e le memorie sono le cose più importanti per creare nuovi piatti. Le memorie di ogni cuoco si confrontano poi con quelle degli ospiti che assaggeranno i suoi piatti, perché ognuno di noi ha i propri ricordi e le proprie emozioni legati ad un determinato gusto e sapore. Davanti alle novità, nuovi accostamenti, nuove cotture, è più difficile interagire perché ci si trova disorientati al primo impatto. Così, dice lo chef, il cuoco per creare memorie, deve creare delle storie e saperle poi raccontare diventando appunto uno storyteller attraverso i suoi piatti. Quanta semplice verità in queste parole, dopo le quali mi perdo nelle storie dei piatti che realizza.
È la volta di Virgilio Martinez, per me una vera rock star, di cui ero rimasta incantata già lo scorso anno. Se non lo conoscete, vi consiglio di guardare l’episodio di Chef’s table su di lui e il suo spettacolare lavoro. Ve ne ho parlato già l’anno scorso qui. Lui lavora quotidianamente con le memorie, quelle preziose e spesso inaccessibili, delle popolazioni di tutto il Perù. Grazie a queste persone scopre varietà inestimabili di ingredienti che la natura regala e modi di trattarli propri della loro cultura. Lui li fa sue e li ripropone con rispetto nel suo modo geniale. Alla domanda “queste persone hanno mai assaggiato i tuoi piatti e cosa ti hanno detto?” lui risponde raccontando della cena inaugurale del suo ristorante Central, dove ha ospitato dei rappresentanti di queste famiglie: “sono rimasti straniti e non hanno mangiato una granita perché per loro il cibo freddo è inconcepibile. Loro infatti mangiano solo il cibo caldo perché il fuoco è energia e dona vita. La granita essendo fredda ne è priva”. “Lo chef dagli impiattamenti più complessi mai visti ad Identità Golose” lo presenta lo speaker…e li ricordo bene i suoi piatti. Qui vorrei fare urla da stadio per dirgli quanto lo stimo e quanto è bravo…ma per fortuna mi contengo, tanto mi sa che qualcuno glielo avrà già detto!
È il turno poi dei fratelli Alajmo. Per lo chef Massimiliano la tradizione non è consuetudine ma, come la stessa etimologia del termine suggerisce, è consegna e questa consegna, ogni cuoco deve trattarla con “integrità, rispetto e coerenza“. Dà poi un consiglio ai giovani aspiranti chef “create costantemente la bellezza sempre” perché cucinare è questo: non solo preparare qualcosa che finirà nel piatto ma abbracciare anche tutta la bellezza di quello che sta dietro, come per esempio conoscere il nobile lavoro dell’artigiano che cura le materie prime che noi trasformeremo in cucina.
È il momento ora da me tanto atteso…a giudicare dal pienone dell’auditorium (sala enorme) e dalla gente in piedi anche nei corridoi, non solo da me.
Omaggio al grande chef Alain Ducasse, di cui custodisco gelosamente il libro di pasticceria. In suo onore 4 chef suoi allievi prepareranno un piatto ispirato alle sue idee e alla sua cucina. Salgono sul palco gli chef Carlo Cracco, Andrea Berton, Davide Oldani e, standing ovation, Massimo Bottura. Io sono già in estasi e ancora non ha detto una parola. I piatti sono una meraviglia più dell’altra ma, senza nulla togliere agli altri chef, chef Bottura è un “animale da palcoscenico”. Il suo entusiasmo e la sua passione esplodono in sala, e non sono l’unica ad esserne rapita. Racconta la memoria del suo piatto, preparato in Francia ad una cena in onore dello chef Ducasse che lo aveva voluto per l’occasione da lui. Vorrei conoscerlo di persona, vorrei avere il privilegio di parlarci qualche minuto…vorrei avere l’immenso onore di entrare nella sua cucina. Chissà, forse prima o poi almeno uno dei miei tre desideri si avvererà. Esco dalla sala ancora con il sorriso in faccia, come una ragazzina che è appena stata in prima fila al concerto del suo idolo. Faccio un giro veloce con il mio collega Stefano tra gli stand, affollatissimi vista anche l’ora di pranzo, e riesco ad assaggiare un particolare e sorprendente sorbetto di pomodorini gialli.
Da buona calabrese e mamma incinta, i miei panini con pomodoro e tahine, preparati da Ferdinando, mi aspettano in borsa e li mangio con gusto, pensando alla bellissima mattinata, tornando dalla mia Sara e dal suo papà.
Grazie dell’ospitalità Identità Golose, grazie Paolo Marchi per queste “riunioni” uniche e speciali!
Alla prossima,
Alessia 🙂