Identità Golose 2018: la cucina è condivisione
Si è da poco concluso Identità Golose 2018, e anche io e Sara abbiamo avuto il piacere di partecipare per la prima volta. Tra le sale del Mi.Co. di Milano tante stelle della cucina italiana ed internazionale hanno intrattenuto e incantato tutti gli ospiti con i loro show cooking, i loro piatti e le storie della loro cucina e della loro vita. Il tema di questa edizione è stato il Fattore umano per porre l’attenzione sulla sua importanza anche nel mondo della cucina.
Regione ospite di questa edizione è stata, ironia della sorte, proprio la mia terra, la Calabria. Tra gli chef a rappresentarla il giovane Luca Abbruzzino, giovane chef dell’anno 2017 per l’Espresso, figlio dello chef stellato Antonio (che ho rivisto con grande piacere e con cui ho avuto l’onore di frequentare un corso nella sua cucina qualche anno fa) che ha ceduto a lui il testimone della guida del suo ristorante. La sua missione in cucina è quella di far conoscere al mondo e valorizzare i prodotti di questa meravigliosa terra. E ci riesce decisamente bene dato che il New York Times (al 37simo posto della classifica) scrivendo che la migliore cucina d’Italia si trova proprio in Calabria, cita il suo ristorante, e quello di un’altra giovane chef Caterina Ceraudo presente anche lei al congresso, tra i portabandiera della nuova gastronomia di questa regione, basata sulla riscoperta ed esaltazione dei prodotti biologici ed autoctoni!
Dopo un saluto allo chef Antonio Abbruzzino e un po’ di dolcezza con il pasticcere Paco Torreblanca per cui fattore umano significa non dimenticare che siamo prima di tutto persone, mi sono spostata nella sala dedicata a Identità Naturali (Sara intanto perlustrava gli stand con il papà), presentato dalla blogger no-spreco Lisa Casali, che ha visto protagonisti noti chef tutti accomunati dal forte amore e rispetto verso la terra, prodotti e produttori.
Tra questi, quello che mi ha particolarmente colpito è stato lo chef Virgilio Martinez del Central di Lima, 3 stelle Michelin (che avevo conosciuto nella serie Chef Table). Sono stata letteralmente affascinata dal suo lavoro attraverso il quale racconta la ricchezza della sua terra nei suoi piatti. Lo fa dopo un’accurata esplorazione del Perù con la sua seconda brigata, fuori dalla cucina: insieme hanno iniziato un progetto di ricerca (nel primo centro “Mater Iniziativa” e da poco nel nuovo “Mil”, che si trova accanto al sito archeologico di Moray dove ci sono i resti di un centro di ricerca agricolo degli Incas) e classificazione della ricca biodiversità del Perù, scalando tutte le sue altitudini dalla costa alle Ande. E’ così che, per esempio, ha scoperto che nella sua terra esistono oltre 4000 tipi diversi di patate. Lo chef e la sua squadra esplorano perché “c’è tanto fuori che dobbiamo conoscere”. E con i suoi piatti racconta poi quello che ha imparato dal suo territorio. Se non avessi problemi con i voli, andrei con immenso piacere a fargli visita per scoprire la ricchezza del Perù nei suoi piatti…magari ci lavoreremo in futuro! 😉
La cucina quindi diventa condivisione, condivisione di sapori e saperi ma soprattutto condivisone di rapporti umani. I rapporti che gli chef, dietro gli schermi della tv, creano con la loro squadra, che si ritrova ad essere una seconda famiglia, i rapporti che la cucina ha con il resto dello staff per un’attività armonica, i rapporti che si instaurano con i clienti e con i produttori di fiducia di prodotti naturali e autentici senza i quali non può nascere un grande piatto. E’ condivisione di emozioni e sensazioni che sono ingredienti di ogni portata e che rivivono attorno a un’unica tavola.
E così lo chef vegano Simone Salvini (che finalmente ho conosciuto dal vivo), che scherzando dice di avere sempre accanto a sé il suo allievo, avvocato penalista, per essere più tranquillo tra i fornelli, ha condiviso con la platea le sue ricette e tecniche per creare diversi piatti tutti a partire dallo stesso legume: i piselli, serviti come germogli, buccia, cialde, panini, humus…tutto naturalmente super buono e adatto a tutti perché anche glutenfree, ho testato personalmente.
Passione, simpatia ed un pizzico di eccentricità hanno riempito la sala durante l’intervento delle due chef Viviana Varese e Maria Sollivellas. Loro hanno condiviso, prima della cucina, un viaggio alla scoperta del nostro territorio, tra materie prime e loro produttori che sono i “creatori del paesaggio naturale e della cultura”. E tra questi, sono gli agricoltori che meritano il primo posto, “rispetto e riverenza” per il loro lavoro e legame profondo con la terra. Le due chef che condividono molte cose, tra cui l’essere a capo di una brigata e l’amore per il territorio, hanno racchiuso in un’unica parola il senso della condivisione che è quello della cucina improntata sul fattore umano: condivisione è vivere.
E questa vita si ritrova in un piatto finito, fatto di una ricca storia, storia di prodotti e dei loro produttori che conoscono e valorizzano la loro terra, storia di lingue e vite diverse, storia di emozioni. E il ruolo dello chef va oltre l’offrire da mangiare…i suoi piatti sono racconti di biodiversità, di culture, di rapporti umani.
L’unico rammarico è stato non riuscire a seguire l’intervento dello chef Massimo Bottura…ci ho provato, facendo una fila di oltre un’ora ma la sala era troppo piena e quindi in molti siamo rimasti fuori. Speriamo di poter recuperare in un’altra occasione!